fiume e rocce

C’era una volta un fiume

“Alla fine tutte le cose si fondono in una sola, e un fiume l’attraversa. Il fiume fu scavato dal grande fluire del mondo, e scorre tra le rocce dall’inizio dei tempi. Sopra le rocce sostano gocce di pioggia senza tempo. … Sono tormentato dal fiume.”
(In mezzo scorre il fiume, Norman Maclean)

C’era una volta un fiume, scorreva, ora lento con profonde anse blu, ora veloce, con raschi di ghiaia color oro interrotti da lunghi filamenti di alghe verdi e rosse.

Vicino al ponte, dove passava la strada che si inerpicava verso il paese, c’era una parete di roccia, coperta da muschi e grandi ciuffi di capelvenere, da cui sgorgava l’acqua limpida di una sorgente.

L’acqua scorreva tra i sassi facendosi strada per raggiungere l’alveo del fiume che in quel punto, proprio sotto al ponte, si allargava in una larga pozza profonda. Ed è proprio in quel punto che calai per la prima volta la mia lenza e presi la mia prima trota di torrente, piccola, così come ero piccolo io.  La canna da pesca era un regalo che mi aveva fatto papà, il sei gennaio, per la Befana.

Tutto era limpido, fresco, nuovo, profumato, così come lo era la mia vita, quella di un ragazzino di dieci anni.

Andavo a pesca con il pizzicagnolo del negozio di fronte al mio palazzo. Era un ometto originario del Molise, aveva delle sopracciglia folte e  rosse, sembrava un personaggio delle favole. Era cresciuto pescando nei fiumi della sua regione. Era bravo, si costruiva le esche da solo e prendeva tante trote. Quante cose mi ha insegnato, anche se non sono mai riuscito essere bravo come lui.

Chi non conosce la pesca della trota in torrente, non può immaginare quanta sagacia e quanta perizia ci voglia per catturarne qualcuna. Bisogna avere una sensibilità speciale per “leggere l’acqua”, seguire la corrente, entrando con la mente e con gli occhi, nei gorghi e nei rigiri, per capire dove la trota sta aspettando le sue prede. Il pescatore di torrente non attende il pesce stando fermo sulla riva del fiume e aspettando passivamente che abbocchi, ma risale la corrente silenzioso, accorto a non rivelare la sua presenza, andando a cercare la trota nel suo territorio di caccia. Si percorrono chilometri, si attraversano valli superando rocce e scavalcando fossi.

Per tanti anni, quante innumerevoli giornate ho passato sul fiume, perdendomi nella natura. Quante albe, con la nebbiolina che sale dal fiume ed il freddo pungente che ti entra nelle ossa. E quanti tramonti con la luce radente del sole che illumina la superfice dell’acqua tra i salti delle trote che salgo a mangiare per la schiusa delle ninfe di friganea. Il profumo dell’erba bagnata, la dolce ombra dei salici che si abbassano a sfiorare la superfice dell’acqua, il profumo delle salsicce, cucinate sulla brace di un fuoco improvvisato con i legni secchi portati dal fiume.

Forse tutte quelle sensazioni erano così intense e così uniche perché vissute con l’entusiasmo della fanciullezza, o forse no.

Poi, a un certo punto, la vita ti travolge senza che tu te ne renda conto. Come le piene invernali sconvolgono il fiume, rompendone gli argini e cancellandolo, in una informe valanga di acqua e di fango dai contorni non più definiti, così le vicende della vita ti spingono, come una corrente impetuosa facendoti perdere il senso del tempo, e della vita stessa.

I momenti di felicità diventano più rari e meno intensi, il fango si consolida intorno a te per non sentire il dolore, le emozioni divengono ovattate e normalizzate e così, alla fine, diventi un adulto, uomo, maturo.

Poi arriva il giorno che cominci a sentire nostalgia di quelle emozioni e ricerchi il fiume.  Ti rifai la licenza di pesca, riprendi le canne finite in soffitta e torni nei luoghi della tua infanzia. Ma presto scopri che questo è un grave errore. Come te, anche il fiume è cambiato. L’acqua non ha più quei colori blu e verde smeraldo. Il ponte è stato sostituito da uno più grande e moderno. Una gettata di cemento ha coperto i muretti di pietra, la sorgente, i muschi ed il capelvenere. 

I pioppi ed i salici della riva del fiume, hanno lasciato il posto ad argini di cemento ed a gabbie di ferro piene di sassi. Gli odori non sono più gli stessi ed un vago odore di fogna sale dalle sponde. Pensi che noi uomini siamo come un Re Mida al rovescio, tutto ciò che tocchiamo diventa melma. Allora capisci che indietro non si torna, è solo avanti che devi guardare e trovare te stesso oggi, in questo posto, per sentire che sei ancora vivo. Forse ci saranno ancora fiumi dalle acque limpide nella tua vita, bisogna saperli cercare.

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *