Il PREZZO DELLA LIBERTA’
Jan Palach era uno studente iscritto alla facoltà di Filosofia dell’Università di Praga. Aveva preso parte, come tanti altri giovani cecoslovacchi, alla stagione riformista della Cecoslovacchia di Dubcek e Svoboda, ribattezzata “Primavera di Praga”. Una politica che venne repressa militarmente dalle truppe dell’Unione Sovietica e degli altri Paesi del Patto di Varsavia, che invasero la Cecoslovacchia e occuparono Praga militarmente con divisioni di carrarmati. Il 16 gennaio 1969 Jan Palach e alcuni suoi amici decisero di manifestare il loro dissenso attraverso una scelta estrema: darsi fuoco in piazza. Erano cinque e Palach fu il primo. Nel tardo pomeriggio si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale; si cosparse il corpo di benzina e appiccò il fuoco con un accendino. Morì dopo giorni di agonia. Era nato l’11 agosto 1948 a Praga, aveva poco più di vent’anni e si diede fuoco nella stessa città in piazza San Venceslao diventando il simbolo della resistenza anti-sovietica dell’allora Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca.
Allison Krause, Jeffrey Miller, Sandra Scheuer, e William Schroeder erano i quattro studenti del Kent State University, in Ohio, negli Stati Uniti d’America, furono uccisi, il 4 maggio 1970, dalla Guardia Nazionale degli Stati Uniti d’America, che aprì il fuoco sugli studenti che protestavano da quattro giorni contro l’invasione statunitense della Cambogia, un’azione che il Presidente Richard Nixon aveva lanciato il 1º maggio. La sparatoria della Kent State si rivelò il punto di svolta nell’equilibrio di un’opinione pubblica statunitense preoccupata dall’estendersi della guerra del Vietnam. La sparatoria fece quattro vittime ferendone nove.
Il Rivoltoso Sconosciuto. Nessuno sa che fine abbia fatto l’eroico giovane che nel 1989 deviò la colonna di carri armati con la sua sola presenza nella piazza Tienanmen a Pechino. Lo si chiama in genere “Rivoltoso Sconosciuto” ed è così perché non ebbe mai un nome. La vita di quel ragazzo venne salvata, in quel momento, non dal carrista che si bloccò come sembra, ma dalle telecamere che lo inquadravano e che avrebbero reso pubblico al mondo lo scempio che stava compiendo il governo cinese. La durissima repressione politica quel 4 giugno1989 ricominciò col favore delle tenebre e di quel ragazzo non si seppe più nulla. I morti furono migliaia.
Perché proprio oggi ho scritto di loro? Perché oggi è il 16 gennaio lo stesso giorno in cui Janus si diede fuoco. Ma la libertà vale una giovane vita umana? Quanto sono distanti, oggi, i giovani occidentali da quello che è accaduto circa cinquanta anni fa? Direte: perché oggi c’è la Democrazia, la libertà e i diritti civili sono garantiti da Stati democratici. È vero, ma la democrazia non è un diritto acquisito che rimane lì in eterno qualsiasi cosa succeda. La storia dimostra che, in qualsiasi momento, se una società involve verso il razzismo, il fascismo, il menefreghismo della “res pubblica”, quello che può apparire scontato e immutabile può essere messo drammaticamente in discussione.
Dico a voi, che non avete ancora trent’anni: non abbassate la guardia, fate in modo che non servano altri martiri, siate voi artefici del vostro futuro! E a voi, che avete riposto le velleità in soffitta perché ha vinto il “buon senso”, dico: non lasciamoli soli! Il coraggio dei giovani cambia il volto al mondo a condizione che il mondo non li lasci soli. Quel ragazzo, a Tienanmen, venne tenuto in vita solo da chi lo guardava nel resto del mondo; spente le luci l’eccidio proseguì. Se davanti a un’ingiustizia facciamo finta di nulla siamo dalla parte del persecutore. Quel ragazzo che bloccò per due minuti il tank sapeva che sarebbe stato ammazzato, così come Janus sapeva a che fine andava incontro. La libertà non è un optional della natura umana e qualsiasi potere lo conculchi non è di una cultura diversa ma è disumano.